Monthly Archives: Ottobre 2017

Dubai, taxi volanti e robot poliziotti al Gitex Technology Week

Dubai, Emirati Arabi Uniti

Taxi volanti, droni multifunzionali, moto e robot poliziotti addetti alla sorveglianza. Sono queste alcune delle innovazioni tecnologiche presentate al 37esimo Gitex Technology Week Exhibition di Dubai, capitale di uno dei sette Stati che compongono gli Emirati Arabi Uniti che intende proporsi come una delle principali città del futuro, aumentando la sua capacità di attrazione internazionale.

L’incontestata vedette del Salone è il progetto di taxi volante che promette di essere operativo entro cinque anni, una volta regolate le questioni infrastrutturali e regolamentari necessarie. Un primo test è stato realizzato con successo il 25 settembre scorso, ma l’Autorità dei trasporti di Dubai deve trovare l’accordo con l’aviazione civile per sfruttare commercialmente il progetto. Oltre a ciò, dovranno essere approntate le necessarie strutture a terra per volare da un capo all’altra della città-Stato, risolvere i problemi di sicurezza e adattare i motori al clima torrido del Golfo.

“Oggi consideriamo il taxi volante come la superstar delle nostre innovazioni tecnologiche” spiega Khaled Abderrahmane al-Awadi, dirigente dell’Autorità dei trasporti di Dubai. “Il nostro Emirato è la prima città del mondo ad annunciare e adottare un nuovo modo di trasporto urbano aereo in grado di muovere le persone all’interno del territorio”.

Il prototipo, dotato di 18 motori elettrici, è stato sviluppato dalla ditta tedesca Volocopter, dispone di un’autonomia di 30 minuti con due passeggeri, costa circa 200mila euro e volerà a un’altitudine di 120 metri, fuori dai corridoi aerei dell’aviazione civile.

Intelligenza artificiale, se fosse tutto sbagliato ? Il modello giusto potrebbe essere quello cellulare !

Nuovi aggiornamento e sconcertanti ipotesi per quanto riguarda l’innovazione tecnologica. Futurism, società lanciata nel futuro, fa sapere come forse si dovrà ripensare all’intero sistema dello sviluppi di AI.
Si è sempre preso come esempio il cervello umano, ma se non fosse quello il vero modello?
Se il modello si nascondesse altrove, per esempio nella cellula, la parte più piccola dell’organismo umano, ma che costituisce tutto e che permette all’intero sistema di rimanere in connessione?

Novità per l’intelligenza artificiale

La call to action in questo caso è allora quella di ragionare fuori dal cervello. Bisognerebbe quindi basarsi di più sul modello cellulare e non su quello cerebrale. Questo risulta sicuramente come un approccio innovativo per rimettere in gioco tutto quel che sappiamo e si è sviluppato fin ora. Basta pensare alle reti neurali artificiali.

Dietro questo nuovo pensiero c’è Ben Medlock che al di là del fatto che è il cofounder di SwiftKey, riesce ad avere una vita parallela dove introduce il machine learning nelle tastiere dei nostri smartphone, cercando di anticipare il pensiero e la digitazione umana.
Conduco questa specie di doppia vita – ha spiegato – il mio lavoro con SwiftKey riguarda come prendere l’AI e metterla in pratica. Ed è il mio lavoro principale”. Poi, dice Medlock, “ho passato un bel po’ di tempo a considerare le implicazioni filosofiche dello sviluppo dell’intelligenza artificiale. E l’intelligenza è un asset davvero molto, molto umano

Aggiunge poi Medlock

Credo che il punto da cui partire sia la cellula eucariota”.

Si tratta del tipo cellulare più evoluto con un nucleo ben definito da una membrana nucleare e una serie di organuli citoplasmatici anch’essi racchiusi in una membrana o un reticolo di membrane: mitocondri, ribosomi, lisosomi, apparato di Golgi e reticolo endoplasmatico. Tutti gli organismi viventi, a esclusione dei batteri, ne sono costituiti: dalle alghe ai funghi, dalle piante agli animali, cioè gli organismi pluricellulari eterotrofi. Il punto, per l’imprenditore, è che dovremmo vedere l’intero corpo umano come una “macchina incredibile”.

 

 

Provando ad emulare intelligenza e abilità la quasi totalità di chi fa ricerca sull’intelligenza artificiale è appunto partita dal cervello, facendo delle tecnologie prodotte qualcosa di troppo preciso e ordinato. Medlock vede invece le “cellule come piccole macchine in grado di processare l’informazione con una certa dose di flessibilità – ha spiegato – e per giunta connesse fra loro, in grado cioè di comunicare col resto della popolazione cellulare”. Potremmo quasi dire che il corpo umano sia costituito da circa 37,2mila miliardi di queste portentose macchine miniaturizzate.

Questa convinzione viaggia parallela a un’altra. E cioè che ogni intelligenza artificiale messa a punto dagli esseri umani dovrebbe in qualche modo esistere nel mondo fisico: “Non credo che saremo in grado di crescere un’intelligenza che non abiti il mondo reale poiché la complessità del mondo reale è proprio ciò che genera l’intelligenza organica” ha spiegato. Una tesi estremamente interessante che in sostanza confessa una certa sfiducia nell’artificiosità assoluta e viaggia invece verso le applicazioni concrete come quelle, per esempio, pensate da Neuralink, la startup di Elon Musk che vuole farci tutti cyborg. O, per meglio dire, costruire un’interfaccia affidabile fra cervello e computer. Nello stesso tempo si ricollega a studi seminali come quello del biologo James Shapiro del 1992, in cui venne battezzato il concetto di “natural genetic engineering”. In buona sostanza, la perfezione del meccanismo di riproduzione cellulare, modificato progressivamente dalle medesime cellule per adattarsi ai cambiamenti delle condizioni date.

Una visione “radicale”, come l’hanno battezzata altre testate (fra cui Inverse). Un esercizio astratto, una provocazione che parte però dalla volontà di analizzare le qualità di cui un’autentica intelligenza artificiale dovrebbe godere: processare informazioni, mobilità e consapevolezza di sé. Fantascienza, forse, che però, come si spiegava all’inizio, muove dalla considerazione dell’intelligenza non come “l’abilità di giocare a scacchi o comprendere il linguaggio – ha aggiunto Medlock, polemizzando vagamente con i numerosi studi che si leggono ogni mese su questo argomento – ma più generalmente come la capacità di processare dati dall’ambiente e poi agire in quell’ambiente. La cellula è davvero l’inizio dell’intelligenza, di tutta l’intelligenza organica, ed è davvero una macchina che processa dati e informazioni”.

E-payment, il gran debutto di Google: arriva “Pay with Google”

Google debutta nell’e-payment. Il sistema di pagamento online. Si chiama “Pay with Google” e promette una rivoluzione nel mondo dei pagamenti online. Lo scorso maggio la società aveva annunciato di stare lavorando a un sistema che rendesse più facili i pagamenti su siti, app e piattaforme online.

Con un post sul suo blog oggi ha detto di aver trovato la soluzione. E di aver messo online un software in grado di registrare carte di credito e di debito degli utenti direttamente sull’account Google e collegato a Google Play, YouTube, il motore di ricerca Chrome e Android Pay. Una volta confermato l’acquisto su qualsiasi sito ecommerce, si legge sul blog della società, Google manderà ai venditori direttamente i dati sull’account dell’utente, sia di pagamento che l’indirizzo di spedizione, riducendo i tempi per la finalizzazione dell’operazione.

Oltre al funzionamento, Google elenca una lunga serie di aziende che hanno già implementato il suo sistema, dove risultano un po’ tutti i giganti del food delivery e le piattaforme di prenotazione voli e alberghi. Una quarantina di siti molto popolari, a cui però adesso la società vuole aggiungerne altri. Per farlo ha messo a disposizione di tutti gli sviluppatori di siti e e-commerce le Api (interfaccia di programmazione), ovvero i codici per implementare in ogni piattaforma questo sistema di pagamento. Specificando che le Api possono essere integrate “gratuitamente e senza costi aggiuntivi e commissioni per i pagamenti”.

Scoperta falla nel Wi-Fi con crittografia Wpa2 : cosa fare e come difendersi

La scoperta del problema ribattezzato Krack da parte di un’università belga: le vulnerabilità potrebbero essere sfruttate dagli hacker per sottrarre password o numeri di carte di credito

I dati di milioni di persone potrebbero essere potenzialmente a rischio a causa di falle di sicurezza che interessano le connessioni Wi-Fi. Nel Wpa2, cioè l’algoritmo di crittografia del Wi-Fi, sono state trovate vulnerabilità che possono essere usate da cybercriminali per «rubare informazioni sensibili come carte di credito, password, chat, e-mail», ha spiegato l’università belga Ku Leuven, che ha scoperto le falle, al momento non sfruttate.

INSTALLARE GLI AGGIORNAMENTI. Il problema si chiama Krack (acronimo che sta per “Key reinstallation attacks”) e non riguarda prodotti specifici, ma lo standard stesso del Wi-Fi. Ciò significa che qualsiasi pc, smartphone e router è a rischio. «L’attacco funziona contro tutte le reti moderne Wi-Fi protette», hanno spiegato i ricercatori. Il consiglio è di installare sui dispositivi wireless gli ultimi aggiornamenti resi disponibili dalle aziende che, informate nelle scorse settimane, stanno correggendo le vulnerabilità.

STRETTA DI MANO A QUATTRO VIE. Nel dettaglio, le falle del protocollo di sicurezza Wpa2 riguardano il processo “four way handshake”, (letteralmente “stretta di mano a quattro vie”), tramite cui il dispositivo e l’access point si scambiano le ‘chiavi’ crittografiche. In questo processo, per le falle, potrebbero inserirsi cybercriminali per monitorare il traffico dati,, ma anche inserire e manipolare i dati, ad esempio aggiungendo malware a siti web.

Fonte: lettera43.it